Elezioni in Brandeburgo

Dopo la Sassonia e la Turingia anche il Brandeburgo ha eletto un nuovo parlamento regionale. L’estrema destra si è mostrata anche qui in forte crescita. Creare coalizioni di governo stabili diventa un compito sempre più arduo. Per capire le cause di questa crisi della democrazia vale la pena viaggiare nelle periferie della Germania Est.

A vincere le elezioni del 22 settembre in Brandeburgo sono stati i socialdemocratici della SPD con il 30,9% (+ 4,7). Molti hanno tirato un sospiro di sollievo visto che per settimane i sondaggi avevano dato il partito di estrema destra AfD in vantaggio. In verità queste elezioni regionali hanno rappresentato un ulteriore campanello d’allarme. A deciderle è stata soprattutto l’estrema impopolarità del governo di Berlino composto da SPD, Liberali e Verdi. Se la SPD ha vinto le elezioni in Brandeburgo, ciò è soprattutto per merito del popolare governatore Dietmar Woidke, alla guida del Land dal 2013. Durante la campagna elettorale si è smarcato il più possibile da Olaf Scholz, cancelliere del suo stesso partito.

Solo per un soffio la AfD non è diventata la prima forza politica del Land, ma con il 29,2% si è confermata in forte crescita (+ 5,7). Anche se le altre formazioni si rifiutano di cooperare con l’estrema destra, la forza del voto è ormai tale da permetterle di esercitare un certo potere per legge, potendo ad esempio influire sull’elezione di nuovi giudici costituzionali. Mentre nei sondaggi nazionali il partito cristiano-democratico (CDU) viene dato al 30%, nel Brandeburgo ha ottenuto un deludente 12,1%. A superarlo è stato così il Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) con un 13,5%. Per il nuovo partito di sinistra appena fondato si tratta di un risultato eccezionale che si va ad aggiungere a quello già ottenuto in Turingia (15,8%) e in Sassonia (11,8%) il primo settembre. A fare le spese di un tale successo è stato l’altro partito di sinistra: la Linke ha infatti subito un tracollo (-7,7%) e non siederà nel nuovo Landtag, non avendo superato lo sbarramento del 5%. Lo stesso vale per i Verdi scesi al 4,1% (-6,7) e per i Liberali allo 0,8% (-3,3). Soprattutto a loro è spettato pagare il prezzo più alto dell’impopolarità del governo di Berlino.

Il nuovo Landtag del Brandeburgo sarà composto da quattro invece che da sei partiti. In passato una «große Koalition» fra i grandi partiti SPD e CDU sarebbe stata la via d’uscita da situazioni complicate, il modo di difendere lo status quo contro il cambiamento. Ma quando lo status quo stesso è il problema, questa strategia finisce per favorire gli estremi a scapito del centro. Così nel Brandeburgo nemmeno una grande coalizione avrebbe oggi i numeri per governare. Per tenere fuori l’estrema destra dal governo, alla SPD non rimane altro che trattare con la sinistra populista. In Turingia è addirittura la CDU a dover scendere a patti con il partito di Sahra Wagenknecht per formare una nuova maggioranza.

Per le segreterie nazionali di SPD e CDU è un boccone duro da digerire, visto che la Wagenknecht simpatizza per posizioni anticapitaliste ed è già stata portavoce della «Kommunistische Plattform» nella Linke. A rendere le cose ancor più complicate c’è poi la condizione posta dal BSW per entrare a far parte del governo dei Land: l’opposizione allo stanziamento dei missili statunitensi a lunga gittata previsto in Germania per il 2026. Il BSW pretende una forte azione diplomatica per mettere fine al conflitto in Ucraina, posizioni che hanno spinto gran parte della stampa tedesca a etichettare il partito come «filoputiniano» e «in linea con la propaganda russa». In Germania anche i Verdi attaccano duramente il BSW. Mentre negli anni Ottanta i Grünen stessi si proclamavano per lo scioglimento della NATO, oggi sostengono la sua espansione e il pugno duro contro la Russia. Così la ministra degli Esteri verde Annalena Baerbock ha preferito finora sostenere l’azione militare che non quella diplomatica in Ucraina, mentre Robert Habeck, titolare dell’Economia, ha accusato pubblicamente il BSW di «prendere soldi da Putin». Una dichiarazione, questa, non suffragata da prove e per la quale il ministro è stato poi costretto in tribunale a firmare un atto di omissione. Comunque sia, per una politica nazionale nella quale la lealtà atlantica è conditio sine qua non per partecipare al governo, la presenza del BSW risulta una provocazione inaccettabile.

Nella Germania Est le cose stanno diversamente. Mentre in occidente la Guerra Fredda non è mai veramente finita, nella Germania Est ci si oppone a un suo ritorno. Il voto ha voluto così premiare le colombe e punire i falchi. In Brandeburgo la gente non ha dimenticato che il Patto di Varsavia si sciolse nel 1991, mentre la NATO è rimasta, che le truppe russe si ritirarono nel 1994, mentre le basi americane sono ancora lì. Invece della «casa comune europea» di Gorbaciov, l’occidente ha preferito l’espansione a est. Nel 1990 l’allora cancelliere Helmut Kohl aveva promesso alla Germania Est «paesaggi in fiore» (blühende Landschaften), ma dopo la riunificazione anche il Brandeburgo venne trasformato in un laboratorio delle più radicali politiche neoliberiste. Da una parte l’infrastruttura economica venne privatizzata e svenduta a imprese dell’Ovest, dall’altra alle istituzioni pubbliche dell’Est venne imposto un ricambio completo di personale: nelle amministrazioni, alla guida delle università, nelle scuole, nella polizia. Sebbene il regime della DDR fosse caduto a furor di popolo, dopo la riunificazione gli «Ossis» (abitanti della Germania orientale) si ritrovarono a essere trattati come personale di seconda classe. L’introduzione della democrazia nell’Est venne accompagnata dall’esperienza di una disoccupazione estesa. «Nella DDR avevamo la solidarietà ma non la libertà. Oggi abbiamo la libertà ma non la solidarietà», così alcuni riassumono quello che è rimasto della «Svolta» (Wende) di allora. Sono ferite profonde mai rimarginate che hanno portato la Germania Est a votare per gli estremi. Chi vota AfD o BSW lo fa anche per affermare che qualcosa nei rapporti di base si è rotto. Si votano gli estremi per pretendere quel dialogo politico alla pari che finora è stato sempre negato. Nella Germania Est la narrazione occidentale dei «buoni contro i cattivi» non basta per riunificare il popolo dietro alla bandiera. Persino il governatore della Sassonia, Michael Kretschmer della CDU, pretende ormai un limite agli aiuti militari all’Ucraina e negoziati con la Russia, mentre la SPD è spaccata al suo interno fra un’ala atlantista e una pacifista nella tradizione della «Ostpolitik» di Willy Brandt.

Nella Germania Est i tabù e i dogmi occidentali non valgono più, il che apre le porte sia alle forze antidemocratiche che a quelle che vorrebbero più democrazia. In Turingia, dove la AfD è il primo partito (32,8%), la seduta costitutiva del Landtag si è conclusa in tumulti. Contemporaneamente i rappresentanti di CDU, SPD e BSW si stanno incontrando per sondare la possibilità di coalizione, affermando che l’atmosfera è cordiale. Nella Germania Est si è imparato a costruire muri, ma anche ad abbatterli. Qui la trasformazione e la gestione delle crisi non sono una novità, ma la normalità da decenni. La politica è più pragmatica, ad esempio a Prenzlau, nel nord del Brandeburgo, dove l’amministrazione ha preferito mantenere il 40% circa del patrimonio abitativo in mano pubblica, permettendo alla popolazione di pagare affitti inferiori ai 6 euro a metro quadrato. Sebbene il Comune sia stato governato fino al 2009 da maggioranze di sinistra, anche quelle più conservatrici che sono seguite non hanno voluto privatizzare i servizi. In questa cittadina di 19mila abitanti si è fieri di aver mantenuto il bilancio comunale solido, garantendo allo stesso tempo una certa sicurezza sociale agli abitanti.

Ma perché la AfD ha ottenuto anche a Prenzlau il 37,7%? Una spiegazione potrebbe rintracciarsi nella disintegrazione delle comunità locali negli ultimi decenni. La mancanza di prospettive ha spinto l’intellighenzia, molti giovani e donne a emigrare verso le grandi città. Fra coloro che sono rimasti c’è chi trova nel pensiero autoritario il modo per compensare un certo senso di inferiorità. Nell’AfD, fondata nel 2013 da Bernd Lucke, un professore di Economia di Amburgo, l’estremismo di destra e il neoliberalismo hanno trovato una convergenza nel problema comune con la democrazia. Anche a Est molti credono che il lavoro arrivi svincolando la crescita economica dalla burocrazia o dalla protezione del clima voluta dai Verdi. A Prenzlau l’amore per l’ordine e la pulizia è proporzionale a un’avversità diffusa verso tutto ciò che è diverso. Persino i giovani che la sera si riuniscono per ascoltare musica per strada vengono considerati fonte di disturbo alla quiete pubblica. A loro volta i giovani cercano di accrescere la propria autostima nella società della concorrenza sentendosi superiori agli stranieri e trattandoli come problema, sebbene proprio a Prenzlau la percentuale di immigrati sia minima. A questi ultimi appartiene anche Alex S., titolare di un ristorante greco, che racconta di avere ormai solo amici che votano AfD: «Una volta ho chiesto loro perché continuassero a uscire con un immigrato come me. La risposta? Ma tu sei un immigrato diverso!». Lo straniero rimane tale soltanto se è uno sconosciuto: solo così può fungere da schermo di proiezione per le contraddizioni all’interno della propria società.

© Dr. Davide Brocchi, Colonia

 


Bildquelle: Michael Sander – Eigenes Werk, CC BY-SA 3.0

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